Il Paziente Fibromialgica e il peso dell’invisibilità
Nel 1992 l’Organizzazione Mondiale della Sanità, con la cosiddetta Dichiarazione di Copenaghen ha riconosciuto la Sindrome Fibromialgica come malattia; nel 2007 è stata persino classificata nella versione italiana dell’ICD9-CM (International Classification of Diseases ) con un codice identificativo di malattia(729.0), eppure ad oggi è da molti considerata una malattia invisibile, una malattia inesistente.
Di solito si dice ”ciò che non si vede non esiste” e la Fibromialgia in effetti “non si vede”, non ha un biomarcatore, non esiste un esame diagnostico che la evidenzi, non esiste nulla di alterato ,nessun danno organico, nessuna evidenza clinica e questo ha indotto la maggior parte del mondo scientifico a considerarla solo un problema mentale, frutto dell’immaginazione di chi ne soffre, il quale, oltre a non essere inquadrato correttamente, viene etichettato come malato immaginario, ipocondriaco, esagerato, ansioso, depresso e addirittura avente problemi psichiatrici.
In realtà la SF è una patologia caratterizzata da svariati segni e sintomi, ha dei criteri diagnostici, esiste una svariata letteratura scientifica proveniente da tutto il mondo che la indica come una reale malattia.
È caratterizzata da dolore cronico muscolo scheletrico altamente invalidante, tanto da non potere compiere i più normali gesti quotidiani, stessa cosa vale per la stanchezza cronica che l’ accompagna, da disturbi del sonno, per nulla ristoratore, da disturbi cognitivi (difficoltà di concentrazione, memoria a breve termine ,fibrofog, confusione mentale), da disturbi gastrointestinali, ginecologici, urologici, da difficoltà visiva, da parestesie, da bruciori, da intolleranze alimentari, da ipersensibilità al freddo ,al caldo, alla luce, al rumore, da ansia, da attacchi di panico, da depressione.
Provate a immaginare cosa può provare un paziente affetto da tutta questa infinita costellazione di sintomi, fortemente invalidanti, a non essere visto, ascoltato, capito e soprattutto creduto.
Quello che si prova è sicuramente frustrazione, paura, impotenza, disperazione, rabbia, senso di abbandono, che spingono il paziente a lasciarsi andare e soggiogare sotto il peso di questa assurda invisibilità.
La prima conseguenza inevitabile di questa condizione è il ritardo diagnostico della malattia. I pazienti fibromialgici, se va bene, arrivano a una diagnosi non prima dei due anni, facendo una serie infinita di visite specialistiche, esami di laboratorio, esami diagnostici, molto spesso inutili; immaginate quanto spreco di tempo e denaro e quante supposizioni, diagnosi e terapie errate.
Nessun medico, che indichi un corretto percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale, nessuno che li inquadri come malati, nessuno che li prenda in carica. A detta di non pochi medici, i fibromialgici sono pazienti difficili, pesanti, complicati, che fanno solo perdere tempo e per i quali non esiste una soluzione del problema. Sono considerati pazienti di serie B, che tolgono del tempo a chi è veramente malato, per chi ha patologie serie che mettono a rischio la vita.
Eppure ci sono Fibromialgici che rischiano la loro vita, perché sopportare il peso di tutti i sintomi sopra elencati, che colpiscono il corpo, la mente e aggiungo anche l’anima, non è per nulla semplice, soprattutto quando lo fanno nel silenzio e nella solitudine, perché chi gli sta accanto non crede e non capisce e in questo modo li umilia.
Il paziente fibromialgico si ritrova a portare tutto il peso della malattia da solo, crollando, finendo nel baratro della disperazione e rischiando di compiere gesti che potrebbero mettere in serio pericolo la propria vita. E’ una malattia tanto subdola quanto pericolosa e occorre attenzionarla, evidenziare le difficoltà che vivono i pazienti, dare la giusta considerazione e il giusto supporto.
Se da un lato carica di dolore, sofferenza, paure e incertezze, dall’altro toglie, toglie parecchio e spesso toglie anche tutto.
Si perde la famiglia, perché muta e mina i rapporti di coppia, i rapporti familiari. Chi vive accanto al paziente fibromialgico, sente addosso il peso della malattia, inconsapevolmente la subisce: subisce gli stati d’animo, gli sbalzi d’umore, le difficoltà del vivere una vita normale, del non essere più padrone della propria volontà, del non potere progettare cose a lungo termine, del doversi privare dell’intimità col proprio coniuge, del contatto fisico, persino dell’abbraccio, perché sì, anche un abbraccio fa male al fibromialgico. Inevitabilmente si stanca e se non comprende e capisce, se ne va. La SF spaventa tutti se non si conosce, spaventa il dovere vivere con una patologia cronica che cambia radicalmente la vita di chi ce l’ha e di chi gli sta accanto, condizionandola e rompendo equilibri personali, di coppia e familiari.
Quanto è complicato e quanto fa male non riuscire a spiegare ai bambini che non puoi tenerli in braccio, che non riesci a giocarci insieme, che non riesci a portarli a scuola, che non puoi stringerli, che la mamma o il papà non sono come gli altri genitori, che seppur non si vede hanno qualcosa che li rende diversi. Quanta incomprensione, mischiata a rabbia e paura accompagna quei bambini che diventano adulti , subendo la malattia del genitore.
Si perde il lavoro, non c’è tutela, non ci sono diritti e sotto il peso della malattia, spessissimo si è costretti a rinunciare, perché non più in grado di compiere quello che prima veniva fatto normalmente e se di contro si cerca, a denti stretti di resistere e non rinunciare, nonostante le difficoltà, il mancato riconoscimento della malattia e delle problematiche che comporta, spinge il datore di lavoro a licenziare, con la giustificazione che non si è più all’altezza e capaci.
Si perdono i rapporti sociali, chiunque si stanca di sentire il lamento di chi soffre, per giunta continuo e se non lo capisce addirittura lo minimizza, rendendolo quasi patetico.
E’ un peso chi ha sempre un malanno, non riesce ad avere una vita sociale, a programmare un’uscita, un viaggio, anche una banale passeggiata e così si abbandona, in attesa di tempi migliori o addirittura non cercandolo più.
Si perde la dignità, la malattia priva di ogni certezza e sicurezza, rende fragili, con bassa autostima, fa sentire in colpa, sbagliati, perché il paziente non riesce più a essere quello che era prima, non riesce a fare quello che riusciva a fare prima e venendo meno alle sue aspettative e soprattutto a quelle di chi gli sta accanto, non si riconosce più, non si accetta in primis lui stesso e allora sì, che diventa invisibile, per se stesso e per gli altri.
Questa è la realtà che vive il paziente fibromialgico ed è davvero impensabile che davanti a tutte queste difficoltà, tragedie e sofferenza, nessuno decida di porre fine dando una dignità a questi malati, un supporto, una riconoscenza, la visibilità e decida di portare avanti la ricerca con lo scopo di trovare una cura che ad oggi manca.
Occorre che la SF sia riconosciuta come malattia cronica e invalidante, venga inserita nei L.E.A (Livelli Essenziali di assistenza),venga riconosciuto un sussidio qualora la condizione del paziente lo renda inabile al lavoro o addirittura invalido.
E’ fondamentale che i Medici Legali, i Medici del lavoro, i MMG, gli stessi Specialisti, siano correttamente informati e formati, per essere un valido aiuto, affinchè il paziente non sia lasciato solo a gestire la cronicità della malattia e sia incompreso ,ma possa invece essere educato a una corretta accettazione e gestione della malattia e riuscire a riprendersi, anche se in modo e in maniera diversa, ciò che la malattia gli ha tolto.
E’ dovere di tutti accendere i riflettori sulla Sindrome Fibromialgica e liberare chi ne soffre dall’invisibilità, ridandogli dignità e garantendogli i diritti alla Salute e alla Cura, che in questo momento stanno venendo meno.
Giusy Fabio