Il paziente fibromialgico e l’attività sportiva vanno d’accordo?
Una descrizione ricorrente che fanno i pazienti fibromialgici per indicare il loro stato, è quella di immaginare il loro corpo ingabbiato dentro una rete di metallo che impedisce ogni movimento e lo blocca nel suo dolore.
Pensare che un corpo in questo stato possa fare attività fisica diventa difficile e impossibile, in più occorre contrastare con la mancata volontà del paziente che di solito è riluttante nell’intraprendere un percorso di attività fisica.
Quasi sempre la sofferenza fisica è in agguato dopo l’esercizio e molto spesso si sente affaticato, dolorante e teme di peggiorare la situazione.
Molti testimoniano di non essere in grado di tollerare una certa intensità di attività, in questi pazienti, infatti, l’esacerbazione del dolore si verifica non solo per sforzi fisici di una certa intensità, ma anche in seguito all’esecuzione delle normali attività quotidiane e instaura una vera e propria disabilità.
E’ pertanto importante educare il paziente per sviluppare in lui la consapevolezza della propria malattia, in modo che lui stesso possa prenderla in carico e mettersi al centro del proprio processo di cura per garantire un’adesione ottimale alla cura e incidere positivamente sul successo della terapia.
E’ importante fargli comprendere che è utile e necessario l’approccio multidisciplinare all’interno del quale il movimento ha un ruolo fondamentale per migliorare la condizione del paziente e soprattutto è necessaria la sua capacità di ristrutturare il proprio stile di vita.
Il paziente fibromialgico ha una peculiarità “l’iperattività” e pertanto necessita di avere comprensione della propria capacità e delle proprie energie, deve imparare a evitare sforzi eccessivi o almeno limitarli, ma deve tenere conto che anche l’inattività incrementa il dolore e aggiunge stanchezza.
E’ necessaria una corretta comunicazione da parte dei medici, ed è importante che il paziente venga accompagnato e incoraggiato ad attivarsi e praticare con regolarità e costanza un’attività fisica di intensità media o medio bassa.
Essere guidati e ricevere una comunicazione corretta aiuta il paziente a fare correttamente l’attività: riducendo il tempo di allenamento, l’intensità dello sforzo, modificando la sequenza dei movimenti.
L’attività fisica continuativa aiuta a mantenere la forma fisica, di contro lunghi periodi di inattività fisica e uno stile di vita sedentario aumentano la dolorabilità muscolare e articolare.
Il paziente meno si muove, meno si muoverà ogni giorno che passa, perché il dolore si evoca quasi all’istante.
E’ però importante che abbia consapevolezza su come utilizzare bene i propri muscoli e soprattutto che abbia consapevolezza corporea, intesa come la capacità di sentire e percepire il proprio corpo, di essere coscienti dei propri movimenti e delle emozioni che esprimiamo attraverso essi.
L’attività fisica per questi pazienti deve essere moderata, continua, personalizzata e cosa importante, finalizzata al bisogno della persona e specifica per la condizione del momento, ma anche dosata, altro elemento importante.
Anche cinque minuti di esercizio fisico in più momenti della giornata possono essere sufficienti e non scatenare il dolore, aumentare la stanchezza e avviare un processo di miglioramento generale e della forma fisica.
In alcuni casi, in base alla condizione fisica del paziente, è necessario iniziare con il supporto del fisioterapista, quindi fare esercizi terapeutici e adattati, per poi piano piano implementare l’attività e modificarla.
Occorre che il paziente comprenda che l’esercizio fisico migliora la forma fisica, la forma aerobica, la forza muscolare necessaria per contenere la disabilità che comporta la malattia e la capacità di concentrazione.
Aiuta a ridurre l’affaticamento, gli stati depressivi, lo stress psicologico, le alterazioni dei meccanismi regolatori dell’organismo, regola il sonno e aiuta a riposare meglio per recuperare dalla continua stanchezza e cosa molto importante, contribuisce a far sentire il paziente meno vittima e più protagonista della propria condizione e del vivere quotidiano.
Un altro elemento che può scoraggiare il paziente e impedire che faccia attività fisica è la “noia”, che scaturisce dal fare sempre gli stessi esercizi e magari in un ambiente chiuso come le palestre.
Per evitare il problema si può scegliere di fare attività di gruppo e farla preferibilmente all’aria aperta oppure accompagnandosi con la musica; la musica infatti aiuta a sincronizzare l’attività celebrale e muscolare e ha un effetto antalgico centrale.
Strumenti utili che possono completare l’attività fisica sono la fisioterapia, i massaggi, l’ agopuntura, la terapia cognitivo-comportamentale e tutte le tecniche mente corpo, perché completano l’azione dell’attività fisica, riducono la paura e aumentano la fiducia e la capacità di miglioramento.
C’è un altro nemico che impedisce molto spesso al paziente di fare attività fisica: il costo.
Fare attività fisica ha un impatto economico non indifferente nella vita dei malati che per giunta sono costretti a pagarsi ogni cosa, non hanno supporto dal SSN e pertanto sono costretti a rinunciarci.
A venire in loro aiuto ci sono molto spesso le Associazioni dei pazienti, che sviluppano e propongono programmi e progetti dedicati al miglioramento della qualità di vita, è molto importante che i pazienti si rivolgano a loro per ricevere supporto e sostegno.
A testimonianza che nonostante la malattia si può fare attività fisica, ci sono atleti colpiti da SF che nonostante tutto gareggiano e la fronteggiano senza lasciarsi abbattere e senza rinunciare alla propria passione, una di questi è Gaia Naldini, campionessa di nuoto in acque libere e un’altra Maria Centracchi, campionessa di judo.
Entrambe continuano a fare il loro sport, consapevoli che qualcosa è cambiato e che dovranno conviverci testimoniando un corpo non più ingabbiato e incatenato, ma libero dalle catene e da ogni gabbia e capace di esprimersi, sicuramente in maniera diversa, in altre forme oltre il dolore.
Giusy Fabio
Vicepresidente Aisf Odv